Dario Gherardi, giovane dirigente di una casa editrice, sposa Marie D’Aubray, una ragazza franco-canadese che ha conosciuto a Parigi. Una sera Dario, sfogliando il libro di un suo autore (il criminologo Guido Santacroce), si trova tra le mani la fotografia di una criminale francese ghigliottinata per veneficio nel 1861; il suo volto assomiglia a quello della moglie, e anche il nome è lo stesso. Turbato, Dario raggiunge Marie nella villa di campagna in cui la coppia trascorre i week-end e le chiede chiarimenti circa una sua ipotetica discendenza dalla donna della foto; Marie nega, e la discussione viene interrotta dall’improvviso arrivo di Carlo Desgrez, loro vicino e amico, accompagnato da un medico radiato dall’albo, Cesare Urbinati (un tempo fidanzato di Marta, sorella di Carlo). Carlo comunica a Dario una notizia sconcertante: suo zio Maurizio Desgrez non è morto, come si credeva, di gastrite, ma è stato avvelenato; per averne la certezza, egli intende effettuare, col dottor Urbinati, un’autopsia segreta, e chiede a Dario di fargli da testimone, quella stessa notte, approfittando dell’assenza della moglie Giulia e della sorella Marta. Marie predice al marito che non troveranno nulla dentro la tomba; e infatti, aperta la bara, Dario e Carlo vi trovano solo una funicella con nove nodi, la cosiddetta ‘scala della strega’. Il gruppo si ritira allora a villa Desgrez, e qui Carlo racconta una strana storia: la vecchia governante, signora Perelli, ha visto la notte del supposto delitto una misteriosa figura di donna in abito secentesco, e con la testa malferma sulle spalle, salire le scale con una tazza in mano, entrando nella camera del vecchio malato e scomparendo poi senza lasciare traccia; la figura indossava lo stesso costume che vestiva quella stesa notte a un ballo in maschera Giulia Desgrez, che l’aveva copiato da un ritratto (dal volto sfigurato) appeso nel salone di villa Desgrez: il ritratto della famosa avvelenatrice del ’600 Marie D’Aubray, marchesa di Brin
Dario trascorre una notte agitata, popolata di incubi concernenti l’inquietante serie di coincidenze con cui si è trovato a che fare: c’è infatti la somiglianza tra sua moglie e la sua omonima giustiziata sotto Napoleone III; c’è poi l’ombra della marchesa di Brinvilliers, anch’essa una Marie D’Aubray; c’è quindi il nome del criminologo Guido Santacroce, simile a quello del capitano Gaudin de Sainte-Croix, marito della marchesa secentesca; c’è infine il titolo dell’opera del criminologo, “Il caso dell’amante non morta”, che ricorda la frase detta prima di morire dal vecchio Maurizio Desgrez al nipote Carlo: «sono perseguitato dai non-morti, figli della notte e dell’inferno». Dario è destato dall’inattesa visita dell’infermiera Gaetana Bianchi, che aveva assistito il vecchio Desgrez; costei vuole confidargli qualcosa, ma ne è impedita dall’arrivo di Bruno, il minore dei Desgrez. Il giovane, dietro un’atteggiamento da ragazzino viziato e petulante, nasconde un temibile fiuto: subito subodora, malgrado gli impacciati dinieghi di Dario, la scomparsa di Marie. Giunge quindi la polizia, con alla testa il commissario La Volpe, informato da una lettera anonima che un delitto è stato commesso a villa Desgrez. I sospetti si addensano sull’assente Marie anche perché sia Bruno, sia l’infermiera la accusano di aver chiesto come procurarsi dell’arsenico. Il commissario non è convinto della colpevolezza di Marie; crede invece che la chiave di tutto sia un passaggio segreto che collegherebbe la camera del vecchio Desgrez con la cripta. Intanto il Perelli, uomo di fatica dei Desgrez, giace a letto tramortito da un violento shock: dichiara di aver visto su una sedia a dondolo il redivivo Maurizio Desgrez. Marta afferma di poter chiarire il mistero grazie a un libro sulla stregoneria, dove si parla di un unguento magico che permetterebbe di attraversare i muri. Irritato e insospettito da tali affermazioni, il commissario inizia a convincersi dell’innocenza di Marie. Quest’ultima riapp
Santacroce (che si chiama in realtà Mosè Ovazza) rivela a Dario Gherardi che Marie è stata da lui ed è riuscita finalmente a liberare da ogni fantasma la sua anima. Nella storia di Marie non c’è nulla di soprannaturale e la leggenda dei ‘non-morti’ non è che un espediente escogitato dal vero assassino per depistare la polizia; Marie è in realtà un’orfana di origine italiana (il suo vero nome è Mariella D’Agata) che fu adottata all’età di tre anni da Adrienne D’Aubray, una pazza discendente della famiglia D’Aubray, rifugiatasi in Canada. Santacroce, riaccompagnando Dario a casa, si fa raccontare gli ultimi sviluppi delle indagini, deciso a smascherare il vero colpevole. Frattanto scoppia una lite furibonda in casa Desgrez: Carlo picchia violentemente il fratello Bruno, il quale per ripicca rivela a Giulia, moglie di Carlo, alcune verità imbarazzanti. Si scopre così che Carlo ha tuttora un’amante — una certa Gemma Russo — e conduce una vita non troppo chiara; dopo un drammatico confronto con la moglie, Carlo lascia la villa. Dario e Marie, invece, si riconciliano. A questo punto giunge una telefonata improvvisa: sono convocati tutti in casa dei Desgrez: Guido Santacroce ha scoperto il colpevole e intende ricostruire la verità davanti a tutte le persone coinvolte nella vicenda. Dopo un’accurata esposizione dei fatti, il criminologo conclude che l’assassina è l’infermiera Gaetana Bianchi, ossia Gemma Russo, l’amante di Carlo: i due avrebbero organizzato il delitto affinché Carlo, in precarie condizioni finanziarie, ereditasse dal defunto zio; il cadavere, inoltre, non era scomparso come sembrava, bensì abilmente nascosto. Santacroce, concludendo tra le proteste dell’accusata la sua requisitoria, beve un bicchiere e stramazza al suolo: è stato avvelenato. Ciò pare rafforzare gli indizi contro l’infermiera, che gli ha porto il bicchiere: il commissario La Volpe dichiara la donna in arresto. Qualche tempo dopo, mentre la televisione dà la notizia dell’ergastolo comminato a