VAJONT è stato uno spartiacque, ho imparato da quel lavoro che c’è un ruolo da attore che non può più esser scrollato di dosso come un personaggio qualunque. Ruoli e personaggi sono due categorie distinte. Una volta gli attori erano più specializzati; a ciascuno si dava un ruolo che durava da un lavoro all’altro, da personaggio a personaggio, i testi erano scritti pensando ad un’architettura di ruoli. Dopo VAJONT sono diventato narratore civile, continuamente mi vien chiesto di raccontare questa o quella storia italiana. Ho cercato di ribellarmi al ruolo, ho provato altre strade, altre chiavi di racconto, altri soggetti , ma dentro di me il ruolo vive. VAJONT, 9 OTTOBRE '63 è nato come racconto privato, poi è diventato teatro, poi orazione civile; è passato dalle case alle scuole, ai teatri, alla televisione e infine alle librerie. Non credo nel cambiamento, abbiamo perso troppo della sua forza, il credo che sia eloquente quindi non ha bisogno di questa né di altre presentazioni.
Nuova Delhi, 2 dicembre 2002. Tramonto. Con un ape-taxi raggiungo il mercato serale di Dillhi Hat. È uno dei pochi posti tranquilli e popolari della città: si paga per entrare, dunque niente mendicanti. Ma questa è una sera strana: invece della solita quiete di piccoli commerci di scialli e statuette, c’è una manifestazione. Anche come manifestazione è strana: nessuno urla, niente strattoni, niente calca. Solo decine di persone che in silenzio offrono volantini allo straniero di passaggio. Volantini dove si ricorda che ancora nessuno ha pagato, nemmeno con un giorno di galera, per la strage di Bhopal, accaduta esattamente diciotto anni prima, fra il 2 e il 3 dicembre 1984, pochi minuti dopo la mezzanotte. Non solo, ma qualcuno sta provando a cambiare le carte in tavola e, con qualche spicciolo elargito come indennizzo, vorrebbe cambiare le imputazioni: la strage rischia di diventare semplice negligenza. E questo nessun cittadino indiano lo può accettare. È un po’ come se oggi, a Porta Portese o al Baloon, incontrassi una manifestazione per ottenere giustizia per Piazza Fontana. E si mettesse in dubbio che la legge è uguale per tutti. Dopo che ti sei imbattutto nella storia della Union Carbide, del suo ottimo pesticida e soprattutto della sua fabbrica indiana di Bhopal, è molto difficile resistere alla tentazione di raccontarla, quella storia.
Liberamente ispirato a "Cipolle e libertà" di Federico Bozzini, edizioni Lavoro (Roma) Dovevamo trovare una storia esemplare che parlasse di privilegi. Siamo stati capaci di trovarne solo una che raccontasse di una vita che ne era stata totalmente priva. Una vita dedicata al lavoro e al rispetto di quanto è più lontano dalla logica del privilegio, ovvero il contratto collettivo, diritto condiviso e acquisito da un'intera classe di lavoratori, quelli che da contadini divennero urgentemente operai (era in gioco il nuovo benessere dell'Italia), senza mai perdere completamente le antiche radici e l'amore per l'orto.
Un giallo italiano senza colpevoli o forse solo una barzelletta
È un viaggio autobiografico nell'Italia conosciuta stazione dopo stazione attraverso i ricordi di un bambino cresciuto sui treni (anche perché il papà fino a 40 anni non aveva ne auto ne patente). È un viaggio dietro il paesaggio, perché le ferrovie entrano nelle città dalla porta di dietro e permettono di guardare il paese non come vuole apparire, ma dietro le quinte. È un viaggio nel tempo per misurare un cambiamento reale, il trionfo del privato sul pubblico e la difficile trasformazione di un sistema (quello ferroviario) che a lungo è rimasto uguale a se stesso mentre intorno tutto cambiava; a colpi di modernizzazione forzata il sistema ha cercato di recuperare il tempo perso, accelerando, cambiando velocità, identità e look.
Sembra la sigla di un sommergibile tedesco della II^ guerra mondiale invece è il simbolo di un isotopo di uranio a bassa radioattività. Dell'uranio impoverito si è parlato dalla fine del ‘99 fino all'estate 2001, poi basta. L'Osservatorio sulla Salute dei Militari ha nel frattempo continuato a raccogliere dati su casi di malattia tra i reduci delle missioni di pace in Kosovo e Bosnia. È una storia di polveri e inquinamento da guerra. Mentre ancora si discute sulle cause dei tumori che colpiscono i reduci la lista dei malati si allunga, ma non fa più notizia. Paolini per Report racconta la storia di un ragazzo che voleva fare il soldato e ha lavorato nella polvere dei siti bombardati nei Balcani e per questo oggi combatte per sopravvivere. L'U 238 continua a colpire in ogni nuovo scenario di guerra, invisibile anche se ormai ben conosciuto.
ALBUM D’APRILE è il riallestimento dello spettacolo teatrale APRILE ’74 E 5 del 1995. La versione proposta con le musiche eseguite dal vivo da Lorenzo Monguzzi (dei Mercanti di Liquore) è stata presentata in occasione della diretta televisiva trasmessa da LA7 il 1 febbraio 2008. Lo spettacolo è un racconto di formazione articolato, che condensa in due ore le storie di ragazzi di provincia nel passaggio dalla giovinezza alla maturità. Si tratta di una biografia collettiva i cui protagonisti sono amici e compagni d’avventura e di scelte. I ragazzi già descritti in altri ALBUM intitolati ADRIATICO, TIRI IN PORTA e LIBERI TUTTI sono cresciuti e sono arrivati all’esame di maturità.
Miserabili è un racconto in forma di ballata, composto in quadri per raccontare il cambiamento della società italiana a partire dagli anni ’80. In questo senso è anche la prosecuzione del percorso degli Album, una sorta di autobiografia collettiva di certi italiani. L’argomento centrale è l’economia, l’intreccio di “macro” e “micro”, le ricette e le delusioni del passato recente che sconfina nel presente. E si ragiona ad alta voce e senza pregiudizi sull’influenza crescente delle regole (e dell’assenza di regole) di mercato sul nostro modo di immaginare il futuro senza progettarlo, di vivere il presente, di rimuovere la memoria. Margaret Thatcher è la co-protagonista dello spettacolo, in un dialogo immaginario con Nicola, alterego di Paolini che ritroviamo dagli Album. L’ex premier inglese diventa, infatti, il simbolo vivente del mutamento della società. La data e il luogo scelti per questa diretta televisiva non sono casuali. A vent’anni dalla caduta del muro di Berlino, Paolini ha scelto una frontiera, quella del porto di Taranto, cancello di ingresso di merci dal mercato asiatico all’Europa e viceversa. Per ricordare come il mercato non abbia cambiato solo il mondo comunista di oltre cortina, ma anche la società in cui viviamo.
“LA MACCHINA DEL CAPO – Racconto di Capodanno” è il titolo di una speciale serata che Marco Paolini ha proposto per salutare il suo pubblico televisivo la sera di Capodanno del 2009. Lo spettacolo prende vita dagli “Album”, i racconti teatrali costruiti lungo un arco temporale che va dal 1964 al 1984, nei quali lo stesso gruppo di personaggi cresce passando da uno spettacolo all’altro, in una sorta di romanzo popolare di iniziazione. Un racconto divertente, intimo e a tratti commovente, che parla agli adulti ma anche all’infanzia. Vi troviamo Nicola bambino, alle prese con l’uomo nero e con le “femmine”, la scuola, le tabelline e l’ arte dello “scancellare”, la colonia, il campetto da calcio, la guerra tra bande, le giostre,…. in una parola alle prese con il “crescere”. L’autore accompagna lo spettatore all'interno dell'intricata rete di vincoli e rapporti umani, parlando non solo della memoria, ma anche della frammentazione o del riavvicinamento emotivo tra padri e figli.