Il secolo che si era aperto con l'esibizione di ottimismo del grande Expò di Parigi, con lo sfarzo spensierato della Belle Époque, vede crescere i semi del nazionalismo e diventare più profonde le ingiustizie sociali che porteranno l'Europa al più grande conflitto di sempre. Comincia da qui il viaggio nella storia di “’14 – ‘18: Grande Guerra 100 anni dopo”, la serie presentata da Paolo Mieli con la conduzione di Carlo Lucarelli e la consulenza storica di Antonio Gibelli e Mario Isnenghi. Venti episodi per raccontare la Prima Guerra Mondiale, alla luce delle nuove interpretazioni storiografiche in un percorso biografico e tematico: la politica e la diplomazia, le alleanze e il contesto internazionale, le nuove armi e le strategie militari, il fronte interno e l’economia di guerra, le battaglie e i grandi rivolgimenti come la Rivoluzione russa.
Il 28 giugno 1914, a Sarajevo, viene ucciso l'arciduca Francesco Ferdinando. È l'inizio della crisi. Il 23 luglio l'Austria invia un ultimatum alla Serbia, cinque giorni più tardi scoppia la guerra. L'Italia, rimasta inizialmente neutrale, il 24 maggio 1915 si schiera contro gli ex alleati mitteleuropei: troppo forti il sentimento antiaustriaco della popolazione e la spinta del movimento irredentista per rispettare la firma della Triplice Alleanza. Con la Grande Guerra, in cui fanno per la prima volta la loro comparsa carri armati, gas, aerei e il filo spinato delle trincee, tramonta la speranza di un nuovo secolo di pace e viene meno un mondo, quello della Belle Époque, delle corti sfarzose e delle grandi dinastie.
La mattina del 4 agosto 1914 le truppe tedesche passano la frontiera del Belgio e danno così avvio alla Prima Guerra Mondiale, attaccando con un'operazione lampo il cuore dell'Europa rappresentato dalla Francia. L'attacco, secondo il piano Schlieffen, avviene violando la neutralità del Belgio e scatenando in tal modo l'intervento della Gran Bretagna. L'armata tedesca, che secondo i piani avrebbe dovuto raggiungere e annientare Parigi in sei settimane, il 7 settembre viene fermata in un feroce combattimento sulla Marna. La guerra lampo voluta dai tedeschi lascia il posto alla lunga e logorante guerra di posizione.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale l'Italia rimane neutrale, anche se l'opinione pubblica si divide fin da subito tra coloro che ritengono la scelta del governo corretta e coloro che, invece, vorrebbero un intervento immediato nel conflitto, magari a fronte di una restituzione, da parte dell'Austria, di Trento e Trieste. Dopo la battaglia della Marna, la situazione precipita e lo spirito nazionalista si rafforza chiedendo a gran voce il passaggio dalla neutralità all'intervento. Radicali, repubblicani, una parte del movimento operaio e i nazionalisti fanno fronte comune, appoggiati da quasi tutti gli intellettuali, chiedendo l'intervento immediato nel conflitto. Il 26 aprile 1915 a Londra viene firmato un patto segreto secondo cui il governo italiano si impegna a mobilitare gli eserciti entro un mese: l'Italia entra in guerra a fianco dell'Intesa.
L'episodio più importante della Prima Guerra Mondiale si svolge nel terzo anno del conflitto: sul fronte occidentale, nella cittadina di Verdun, lo scontro tra l'esercito francese e quello tedesco sarà decisivo per le sorti finali della guerra. Il 1916 è l'anno delle grandi illusioni, illusioni di una vittoria decisiva e della fine del conflitto. La conseguenza è una folle escalation di massacri e battaglie violentissime. La ''guerra totale'' è diventata realtà e il campo di battaglia di Verdun per dieci mesi sarà un buco nero che divorerà soldati, armi, trincee e animali, un vero e proprio inferno a cielo aperto. Proprio a Verdun, più che altrove, va in scena l'apocalisse della guerra nuova: 4 milioni di soldati coinvolti, oltre 700.000 morti.
Sono passati dieci mesi da quell'agosto del 1914 che ha segnato l'inizio del conflitto. Il ''maggio radioso'', come viene spesso chiamato il periodo che prelude all'entrata in guerra dell'Italia, è un mese di fermento diplomatico e di forte tensione politica. Il fervore interventista si concretizza in manifestazioni di tutte le piazze della penisola e D'Annunzio arringa la folla e la incita contro Giolitti, fautore della linea della neutralità. L'Italia è ormai prossima a rompere l'antico patto con Austria e Germania e a entrare in guerra a fianco dell'Intesa, secondo i piani segreti firmati a Londra il 26 aprile del 1915. I primi fanti marceranno contro l'Austria il 24 maggio 1915, come ricorda una nota canzone di guerra.
La guerra sui mari inizia ufficialmente il 7 maggio 1915, con l'affondamento del transatlantico Lusitania, una nave inglese adibita al trasporto dei civili, colpita e affondata da un siluro tedesco. Una tragedia che scuote l'opinione pubblica sia inglese che statunitense, a causa delle oltre 1200 vittime, di cui più di 100 cittadini americani, e che sarà il pretesto per l'entrata in guerra degli Stati Uniti d'America. La vera novità della guerra sui mari è l'introduzione dei sommergibili, che cambia per sempre la tattica e la strategia del combattimento, mettendo per la prima volta in discussione la supremazia marittima degli inglesi.
La storia della battaglia di Gallipoli è quella dell'eroica resistenza dell'esercito turco contro la potenza degli inglesi, le ultime sfolgoranti battute di un impero maestoso, quello Ottomano, ormai definito ''il grande malato d'Europa'' dai regnanti dell'epoca. L'Impero Ottomano, che storicamente vantava buoni rapporti con gli inglesi, allo scoppiare del conflitto sceglie invece di allearsi con la Germania, per volontà dei Giovani Turchi, guidati da Enver Pascià. I fronti di guerra sono lo stretto dei Dardanelli e il deserto mediorientale, sullo sfondo due figure leggendarie: Kemal Atatürk, che guiderà il paese dopo il conflitto, e Lawrence d'Arabia, che resterà per sempre nella leggenda.
La strafexpedition è la punizione che gli austriaci riservano agli italiani un anno dopo l'ingresso dell'Italia nel conflitto al fianco delle forze alleate. Quella che passerà alla storia come la Battaglia degli Altipiani, sarà una durissima guerra di resistenza al termine della quale l'Italia perderà venti chilometri di terreno e un governo in carica, quello di Salandra. Resterà invece solido, al comando dell'esercito, il generale Luigi Cadorna, colui che guiderà gli attacchi italiani fino a Caporetto.
Quattro miliardi è il numero di lettere scambiate nel corso della Grande Guerra tra i soldati al fronte e i civili in attesa a casa. Una cifra spaventosa che testimonia la difficoltà di superare un evento che cambierà per sempre il volto dell'Europa e la vita delle persone coinvolte. Carta e penna sono il ponte tra l'inferno del fronte e il ricordo della normalità; attraverso queste missive scambiate tra mogli e mariti e tra madri e figli, nei taccuini e nei diari degli ufficiali, si ricostruisce il senso della storia collettiva di un Paese.
La guerra ha molte facce con cui presentarsi agli uomini: da una parte ci sono i combattimenti al fronte, con morti e feriti, dall'altra l'economia di guerra, con i ''pescecani'' che speculano e si arricchiscono mentre la gente comune paga un tributo altissimo all'industria bellica. In entrambi i casi, sono le nuove tecnologie e il progresso nella produzione degli armamenti a determinare il punto di svolta sia in campo strategico-militare, che nel settore dello sviluppo economico e della vita sociale.
Il 1917 è l'anno che sancisce per la Russia la crisi definitiva dell'impero e il crollo degli zar. Tutto comincia a Pietrogrado, con la rivolta del popolo sottovalutata dai sovrani. La guerra aveva indebolito il vasto impero di Nicola II, decimato l'esercito e affamato il popolo che chiedeva la pace immediata. I bolscevichi, guidati da Lenin, sapranno cogliere questa opportunità per cambiare per sempre il volto del grande impero e dell'Europa, concedendo però ai tedeschi la vittoria sul fronte orientale.
La tragedia dei prigionieri è stato uno degli ''effetti collaterali'' di questo grande conflitto, tragedia che ha visto coinvolti tutti i paesi dei due schieramenti ma che ha interessato in maniera singolare proprio l'Italia, a causa della rigidità del Comando Supremo che, unico tra tutti gli Stati in guerra, si è rifiutato di portare aiuto e assistenza ai propri soldati trattenuti in territorio nemico. Diserzione, ammutinamento e resa al nemico sono i reati più comuni per i quali i soldati dell'Esercito Regio subirono pesantissime condanne da parte dei tribunali di guerra, culminate in brutali fucilazioni o decimazioni sul campo.
L'episodio più triste per gli italiani nella Grande Guerra è senz'altro la disfatta di Caporetto, una tragedia che porta l'esercito a un passo dalla sconfitta e che conta 40 mila tra morti e feriti, 300 mila prigionieri e oltre 400 mila civili in fuga dal Friuli e dal Veneto per sfuggire all'occupazione del nemico. Caporetto segna un punto di svolta: cambiano la percezione della guerra, la natura del conflitto e l'opinione di intellettuali e gente comune. Cade il governo e finisce l'era Cadorna. L'Italia è arrivata a un soffio dalla capitolazione ma troverà la forza di ricostruire il proprio esercito e riprendere l'offensiva proprio sulla linea del Piave, sotto il comando del generale Armando Diaz.
La Grande Guerra è il primo conflitto globale che cambia completamente non solo la logica del combattimento al fronte ma anche la vita quotidiana dei civili, di tutte quelle persone che restano a casa ad aspettare il ritorno dei soldati. Per la prima volta, alla ribalta della società vengono chiamate le donne, con un ruolo sociale e un impegno mai visti prima, che saranno il preludio al lento ma inesorabile processo di emancipazione che si protrarrà, pur con difficoltà e impedimenti, per tutto il corso del Novecento.
Gli Stati Uniti allo scoppio della Prima Guerra Mondiale sono un paese neutale per volontà dei suoi stessi cittadini e del presidente Wilson, che con la promessa di mantenere la neutralità ha ottenuto un secondo mandato nel 1916. Eppure vi saranno importanti fattori di carattere economico e politico che finiranno per determinare un diverso scenario, con la discesa in campo dell'esercito americano a fianco dell'Intesa e la successiva vittoria della guerra.
Dopo Caporetto l'Italia ricostruisce il proprio esercito sotto il comando di Diaz. Nuova organizzazione e nuova visione strategica per un generale che riparte proprio dal fattore umano per portare il paese verso le battute finali del conflitto. Da lì fino alla primavera del 1918, ultimo anno di guerra, gli eserciti si preparano minuziosamente a giocare in Veneto la partita finale che si concluderà in autunno con la vittoria italiana e la firma dell'armistizio da parte dell'Austria- Ungheria.
Nel marzo 1918 le truppe italiane sono pronte per trasferirsi in Francia. Quello che Cadorna non aveva voluto considerare, ovvero l'esistenza di un fronte di guerra diverso da quello italiano, sotto il comando di Diaz diventa una possibilità militare e un'opportunità politica: ricambiare il favore fatto all'Italia dagli alleati, con l'invio di artiglieria sul Piave, e consolidare l'alleanza militare in vista delle trattative di pace. Sul fronte francese arrivano 25.000 soldati italiani che si faranno onore nella seconda battaglia della Marna, lasciando sul campo 5.000 caduti e 4.000 feriti, ma risultando decisivi per la vittoria finale sui tedeschi.
Dopo cinque lunghi anni la guerra finisce lasciando il posto a una lunga fase di trattative diplomatiche. Vincitori e vinti si riuniscono a Versailles per suggellare, una volta per tutte, la caduta dei grandi imperi ottocenteschi e la nascita di una nuova geografia mondiale e di nuovi principi di pace, troppo fragili però per resistere agli scossoni dei movimenti nazionalistici e delle dittature che di lì a poco trascineranno l'Europa in un altro violentissimo conflitto.
È stato il tempo il fattore che ha determinato quel profondo cambiamento nelle menti e nei cuori degli uomini che erano partiti per la guerra convinti di restarci poche settimane e si sono trovati per cinque lunghi anni nell'orrore della trincea e della morte. La memoria della Grande Guerra ci viene oggi restituita, con estrema vividezza e precisione, attraverso le molte opere letterarie, i memoriali e i diari che sono rimasti, in assenza di testimoni ancora in vita, gli unici strumenti in grado di raccontarci il momento che cambiò la storia e le sorti del mondo che oggi conosciamo.