Un ritratto dell'Italia visto attraverso il rapporto morboso con il cibo, simbolo di sovrabbondanza, di falso benessere ma anche di voragini psichiche, di vuoti incolmabili: si mangia eccessivamente per dimenticare, per non pensare, per non essere curiosi, per non essere sé stessi, per sostituire qualcuno che non c'è oppure ciò che non si ha. Tra rabbia e ironia, il testo stigmatizza l'indifferenza di cui l'Italia è capace, e che a tavola, davanti a sontuose portate, trova la sua massima espressione, il suo luogo ideale. Con Valerio Aprea.