La prima puntata de Lo Smemorato di Collegno inizia nel 1926 con un barbone (Johannes Brandrup) che viene arrestato mentre sta rubando all’interno di un cimitero ebraico di Torino. L’uomo da subito da segni di squilibrio e sostiene di non sapere la propria identità. Per questo motivo si decide di ricoverarlo nel manicomio di Collegno per fargli tornare la memoria. Nel 1927 il direttore del manicomio, il dottor Rivano (Franco Castellano), rivela ad Astolfi (Giuseppe Battiston), un reporter della Domenica del Corriere, l’esistenza di quest’uomo. Astolfi non perde tempo e pubblica l’articolo con tanto di fotografia. Da quel momento centinaia di persone cercano di scoprire chi sia l’uomo misterioso e la famiglia Canella di Verona lo riconosce come l’esimio professor Giulio disperso in Macedonia durante la guerra mondiale. Sua moglie Giulia (Gabriella Pession) si reca di persona per scoprire se lo smemorato corrisponda, come sostengono i suoi parenti, a Giulio: effettivamente i suoi modi di porsi e la sua conoscenza del francese e del latino ricordano il professore scomparso. Inoltre l’uomo, alla vista della donna, scoppia in lacrime come se la riconoscesse. Il caso sembra essere risolto, tanto che Astolfi scrive un articolo che racconta il lieto fine, invece, dal momento della sua ricongiunzione con la moglie e i suoi due figli la storia prende una piega inaspettata: prima del suo rientro a Verona il commissario Finucci (Fabrizio Contri) si presenta con l’ordine di riaccompagnare l’uomo in manicomio, perché un’altra donna, una proletaria torinese di nome Rosa (Lucrezia Lante Della Rovere), attraverso una lettera anonima, dice di averlo riconosciuto come il tipografo e truffatore Mario Bruneri. Giulia, che aveva notato un insolito trasporto da parte del marito, ma che aveva accettato di buon grado il nuovo modo di porsi del marito, non crede alle sue orecchie e decide di seguirlo a Collegno per sbugiardare l’altra donna. Ros
La seconda e ultima puntata de Lo smemorato di Collegno si apre con una clamorosa novità: l’uomo, che fino a ieri abbiamo creduto essere Giulio Canella, in realtà è Mario Bruneri, lo dicono le impronte digitali, lo sostengono alcuni uomini truffati dal tipografo torinesi, lo ammette anche Milly, una donna a cui Mario scriveva le lettere quando era ricoverato in manicomio. Astolfi, che aveva già scritto la parola fine alla storia, cambia idea e si prepara a scrivere un’altra verità riguardante lo smemorato di Collegno e per farlo convince Milly a rivelargli tutte le notizie possibili e immaginabili in cambio di fama e successo. Giulia, nel frattempo, continuando a credere che l’uomo sia veramente suo marito, chiede aiuto al padre per ottenere un avvocato di grido capace di dare la libertà allo smemorato. L’uomo ingaggiato è uno del regime, tale Roberto Farinacci, che si mette subito all’opera. Tutti i test fatti sullo smemorato e pure il confronto fra padre Agostino Gemelli e l’uomo dimostrano che lui non può essere il professor Canella, eppure Giulia è certa che si tratti di un complotto. Questa tesi viene usata in sede di processo anche da Farinacci, che parla di uno scambio di persona la notte del ritrovamento dello smemorato: al cimitero di Torino c’erano due individui, Mario e Giulio, ma la polizia ha preso quest’ultimo e ha erroneamente collegato le impronte a quelle di Mario. La prima camera del consiglio non riesce a stabilire la vera identità dello smemorato e come se non bastasse Giulia di fronte alla corte rivela di essere incinta di quell’uomo. Astolfi, che si sente strumentalizzato dal giornale e dal regime, intanto continua ad indagare e trova le prove che incastrano lo smemorato e dimostrano che lui è in realtà il truffatore: dopo quattro lunghi processi la corte gli dà ragione e riconosce che lo smemorato è Mario Bruneri. A nulla valgono le richieste di Giulia, che seppur madre di due figli con qu