La compassione dovrebbe essere un sentimento molto familiare all'ambiente ospedaliero, costituire la base del rapporto tra i medici e i pazienti, tra i malati e i loro familiari, e a volte tra i malati stessi. Umberto e Margherita, entrambi ricoverati con sintomi molto simili, lavorano nella stessa ong. Lui ha offerto un lavoro a lei, sieropositiva con problemi di droga, per aiutarla a rifarsi una vita. A causa di un batterio trasmesso attraverso le docce della struttura in cui lavorano, i due si sono ammalati di legionella. Mal comune mezzo gaudio, si potrebbe dire in questo caso, ma al dolore ognuno risponde in maniera diversa, e a volte la nostra sofferenza ci rende indifferente di fronte a quella degli altri... Giacomo segue la vicenda di Margherita e si avvicina a suo figlio Anthony, che le sta sempre accanto e affronta la sua situazione critica con coraggio. Margherita, infatti, soffre anche di una grave insufficienza renale e, per sopravvivere, dovrà sperare in un trapianto di rene. Ed è ancora un trapianto quello che può salvare la vita di un altro paziente che sta molto a cuore a Giacomo: suo padre. Anche se inizialmente si rifiuta di aiutarlo, perché ancora accecato dalla rabbia verso l'uomo che l'ha abbandonato, Giacomo alla fine deve ammettere di tenere molto a lui, e dovrà trovare un modo per tentare di salvargli la vita. Del resto Giacomo è fatto così, e lo conosciamo soprattutto per la sua umanità, il suo istinto a salvare vite umane, la sua compassione. Non per tutti i medici si può dire lo stesso, men che meno per Sassi, il nuovo arrivo del reparto. Cinico e arrogante, Sassi si distingue per la facilità e velocità delle sue diagnosi, che a volte possono essere giuste, a volte no. E quando non lo sono bisogna ammettere di aver sbagliato, rimediare al proprio errore e soprattutto spiegarlo al paziente. È il caso di una giovane donna operata di un'appendicite inesistente, che continua ad avere forti dolori inspiegabili... Riu