Si fa chiamare "lo zio" dai bambini di Auschwitz, lui li chiama "le mie cavie". È l'angelo della morte, è Josef Mengele, il medico nazista che ha utilizzato i prigionieri del campo di concentramento di Auschwitz per i propri esperimenti. Nato a Günzburg (in Baviera) nel 1911, Mengele studia filosofia e medicina. Nel 1935 si laurea con una tesi in antropologia, in cui analizza la morfologia delle razze attraverso gli studi sulle mandibole. Nel 1937 chiede la tessera del partito nazista e nel 1938 entra nelle SS. L'anno successivo parte volontario nella seconda guerra mondiale. I sovietici lo feriscono nel 1942 e Mengele è costretto a tornare in Germania. Può così dedicarsi ai suoi interessi scientifici e tornare a studiare la morfologia delle razze umane. Il 30 maggio del 1943 arriva ad Auschwitz. In ciò che resta di un'umanità distrutta dal terrore e dalla violenza nazista, chi viene scelto da Mengele è apparentemente fortunato: non muore per il gas del campo di concentramento e forse può sopravvivere. Mengele sceglie i soggetti affetti da nanismo, i bambini malati di atrofia cancerosa della mascella, e soprattutto i gemelli: per cercare di verificare le proprie teorie razziali Mengele li sottopone a terribili torure. Provoca aborti alle donne incinte per analizzarne i feti, studia l'ipotermia inserendo i soggetti prescelti nell'acqua a zero gradi e calcolando quanto tempo impiegano per morire. Uno studio americano del 1990 ha ricostruito gli esperimenti di Mengele e ha mostrato, lo sottolinea lo storico Gilberto Corbellini, che le ricerche del medico nazista, vengono svolte senza seguire alcuna metodologia scientifica. Nel 1949 Mengele si trasferisce in Argentina. Il Mossad, il servizio segreto israeliano lo cerca e non riesce a trovarlo. Dall'argentina si sposta in Paraguay e infine in Brasile dove muore nel 1979 senza aver scontato neanche un giorno di carcere.